A ondate successive, sono apparsi nelle piazze e strade romane gli sticker con una foto classica di Jim Jones.

Il Reverendo Jim Jones era stato il fondatore, e poi l’angelo della morte, del People’s Temple, un setta-chiesa californiana suicidatasi con il cianuro il 18 novembre 1978 a Jonestown, la comune creata nel cuore della giungla della Guyana: 908 morti, di cui almeno 200 bambini, più qualche altro sgozzato e suicida nella sede del Tempio a Georgetown.(continua)

E’ sempre il colpevole nei libri di polizieschi [di Mariarosa Mancuso, La Lettura, p. 7] 

La Lettura dedica uno speciale al maggiordomo. Figura futile? No, al contrario, una delle grandi incarnazioni dello straniero interno. Governa la casa ma non le appartiene mai del tutto. E’ un confessore ma anche un testimone. Gli viene delegata la gestione dell’io ma  in un’imtimità anonima che rischia sempre di diventare “traditrice”, di superare cioè il confine del nostro territorio e invaderci

Due luoghi e quattro mani. Ma una sola foto [La Lettura, FUTURAMA di Irene Alison p. 6]

@ecosight è il progetto fotografico di Danny Ghitis e Daniela Zalcman che hanno in comune l’iphone, l’applicazione Image Blender e Instagram, per creare una Dreamy dissonance.

La psiconalisi ai tempi di Skype [di Luciana Sica, la Repubblica, p. 45]

Luciana Sica su La Repubblica segnala Psicoanalisi, identità e internet, a cura di Andrea Marzi. Skype può preservare il setting  meglio dello studio dell’analista? 

Le vie digitali per non essere spiati [di Daniele Salvini, NOVA, p. 14]

Sintesi molto utile dei pochi mezzi a disposizione per preservare il segreto come diritto costitutivo della persona. In agosto chiude Lavabit, il servizio usato da Snowden per proteggere le sue comunicazioni. Il Washington Post riporta tra le alternative un server italiano Autistici/Inventati (A/I), che meriterebbe una donazione già solo per il nome. Per creare invece la propria nuvola privata, NOVA segnala OWNCLOUD. Ce la faremo ad abbandonare la pigrizia criminale che ci condanna a dropbox e alla trasparenza integrale?

Kulusuk, East Greenland. 210 inhabitants, 450 sled dogs, tall icebergs clogging the small harbour.

S., a 6 year old non-Inuit little girl, strolls around with her sister and parents. Nearby, a newborn cries endlessly in a woman’s arms. S.’s mother wonders aloud:  “poor little thing, who knows why he cries so much”. S., thoughtful: “Just born…, he doesn’t know where he is”. The meaning, the adventure, the freedom and the tragedy of socialization condensed into the nutshell of a child’s sentence.

We were born for too long, and we think we know too much about where we are. We depart towards distant lands and exacting last Thules, hoping to know nomore where we are, lost for a short moment, and then we rave about being born again – just for a short moment -, blank slates, travellers with no luggage. At last.

Kulusuk, East Greenland. 210 abitanti, almeno 400 cani da slitta, gli iceberg a ridosso del porticciolo.

S., una bambina di 6 anni, cammina con la sorella e i genitori. Un neonato in braccio ad una donna piange senza tregua. La madre di S. si chiede a voce alta: “poverino, chissà perché piange così”. S., pensosa: “È appena nato e non sa dov’è”. Il senso, l’avventura, la libertà e il dramma della socializzazione condensati in una frase di bambino.

Siamo nati da troppo tempo e pensiamo troppo di sapere dove siamo. Partiamo per terre lontane e verso disagiate ultime Thule perché speriamo di non saper più dove siamo, almeno per un attimo, e dunque – per un attimo – di poter rinascere, tabule rase, viaggiatori finalmente senza bagagli.

Nella Nordic House, all’interno del Municipio di Reykjavik, sul Pond, una potente mostra fotografica presenta 61 volti di partecipanti ai Gay Pride del 2011 e 2012, Nuuk, Groenlandia. Le foto sono di Jurgen Chemnitz, nell’ambito del progetto Gay Greenland. Questa mostra ne è la prima manifestazione su scala mondiale, e la prima rappresentazione forte dell’omosessualità nel Grande Nord che va dagli Inuit alaskani a Nunavik, dalla Groenlandia fino ai confini del mondo Sami.

Sono ritratti in primo piano. Come tutti i ritratti, il volto costruisce la rappresentazione condensata della propria identità psicologica e sociale. (continua)

Il computer contemplativo contro l’ansia da iperconnessi. Software e pratiche per ritrovare la calma. Cosí la mente umana si adatta ai nuovi stress   [di Federica Colonna, La Lettura, p. 7]

Tecniche di meditazione per recuperare la capacità di concentrazione insidiata dall’ansia di email, contatti e ricerche su internet? Non mi convince. Il problema è la scansione del vissuto temporale. Il tempo di internet è senza qualità: un flusso continuo e incessante, senza passato e in cui il futuro cancella il presente. Il nostro tempo deve essere un tempo di memoria, identità e fantasie. Un tempo nostro, scandito dai nostri bisogni, non un tempo fluido e indifferente, spesso eterodiretto da bisogni di altri o da emergenze simulacro. Quali pratiche allora?
Oggi è 1 settembre, da domani ricomincia la vita lavorativa “di emergenza” tiranneggiata dal tempo di internet, Skype e what’s up. Alcuni primi antidoti: messaggio di risposta automatica alle email: “grazie per il vostro messaggio. Risponderò a tutte le vostre email ogni giorno alle 11 e alle 16.”
Oppure dovrei scrivere alle 12 e alle 18? Mi sembra un’enormità temporale, abbandonare senza risposta fino alle 12 e poi fino alle 18. È faticoso recuperare un controllo temporale, è più facile l’orizzonte temporale frammentato e puntiforme del web, riduce scelte e responsabilità.
 

Una storia senza “grandi narrazioni. Un tempo si raccontava il passato per forgiare identità, oggi domina un eterno presente. Qual è il futuro della ricerca? Le opinioni di Paolo Prodi, Lupo, Pescosolido, Sabbatucci    [di Antonio Carioti, La Lettura, p. 8]

Le grandi narrazioni nazionaliste sono in decadenza? In effetti non ci sono mai piaciute. Ma sono possibili una comunità e un’identità senza una grande biografia collettiva condivisa? Come immaginiamo il noi, senza una grande storia?

 

I biscotti più venduti se c’è un uragano. Le informazioni elaborate da algoritmi permettono di anticipare scelte e comportamenti. Così migliorano i servizi: cibo, meteo, salute. Parla Viktor Mayer Schönberger     [di Serena Danna, La Lettura, p. 14]

I big data: strumento di ricerca straordinario, strumento totalitario di controllo  di individui e gruppi, nuova linfa per gli apocalittici e gli integrati. Nella lista dei desideri di Amazon, da acquistare e soprattutto leggere:

Viktor Mayer-Schönberger, Kenneth Cukier, Big Data: A Revolution That Will Transform How We Live, Work, and Think

Viktor Mayer-Schönberger, Delete: The Virtue of Forgetting in the Digital Age

La scena contemporanea approssima a noi mondi lontani. Nel renderceli vicini sollecita il movimento di afferrarli, di farne concretamente parte, di esserne tutt’uno. Rende così inquiete le appartenenze, irrequiete le genti come le idee, le cose come le immagini. Quante aspirazioni, sofferenze, ineguaglianze trasudano dai viaggi contemporanei! Quante illusioni di incontri salvifici vengono in essi riposti.

In cerca di lavoro e benessere, di emozioni ed esperienze, si spostano continuamente lungo l’asse nord sud due differenti viaggiatori dal diverso potere contrattuale e dalla complementare destinazione. Non si incontrano e, se capita, si evitano. Sono l’Emigrante e il Turista.

L’installazione etnografica li rappresenta tutt’uno con il loro immediato contesto, li fissa – a terra spiaggiati – (continua)