Un uomo entra in un bar di un piccolo paese.
La signora che gestisce il locale, insospettita da una faccia poco raccomandabile e dall’aspetto trasandato, chiede l’intervento di una pattuglia dei carabinieri. Un agente sopraggiunge e procede al con-trollo. L’uomo lo invita a seguirlo, i suoi documenti sono custoditi nella moto parcheggiata fuori. L’uomo apre il bauletto della moto, estrae una pistola e uccide il carabiniere con due colpi. Nonostante i posti di blocco in tutta la zona circostante, riesce a fuggire e fa perdere le proprie tracce. È il 22 luglio del 2004, a Pereto di Sant’Agata Feltria (Marche), e l’uomo in fuga si chiama Luciano Liboni, pregiudicato e latitante da due anni.
Il 24 luglio, a Roma, vicino alla stazione Termini, due agenti del-la polizia fermano un uomo che sembra assomigliare al fuggitivo. È Luciano Liboni, che ingaggia una sparatoria e fugge un’altra volta, sequestrando un’automobile e facendosi portare dal conducente alla vicina stazione della metropolitana. Il dispositivo di controllo