Tradimenti dei chierici (3) I morti viventi al Festival della Filosofia di Modena.

Ho conosciuto Michelina Borsari alla Fondazione Collegio San Carlo molti anni fa’. Era brava, lucida e libera (abbastanza). Adesso organizza il Festivalfilosofia  di Modena-Carpi-Sassuolo. Sempre brava, spero. Lucida? Libera? Guardo i nomi, uno per uno.

Coraggio. Bodei è forse il migliore: gli si possono anche perdonare i mallopponi affaticati sulle passioni, il compitino sul déjà vu, le inutili incursioni dalla parte delle cose, perché qualcos’altro di interessante ha scritto. Gregory? sopravvive intelligentemente, e mangia, buon per lui. Schluchter lavora su Toennies, e speriamo bene, ma la scelta già consola. Wulf, al quale chi si occupa di corpo deve molto. Poi i soliti che non fanno danni, e un po’ di speranza la lasciano: Cacciari, Curi, l’intermittente Givone, l’assoluto Severino, e poco più.

Ma gli altri? Una disperata accozzaglia di gigioni ormai anche irrimediabilmente stanchi. Il poderoso Marramao, di cui continuo a meravigliarmi che per anni qualcuno l’abbia preso sul serio al di là di qualche terrazza romana. L’ineffabile e ineffato Perniola, che perciò giustamente si occupa di comunicazione. Il plagiatore Galimberti, che mi auguro stia raccogliendo in volume le sue recensioni alle pensate filosofiche di Scalfari. La Turnaturi, che continua il suo pedestre parassitaggio di Simmel, scrivendo cose alle quali nessun lettore serio ha mai prestato attenzione. Il non-luogo non-pensiero Augé, perfetto prodotto autoreferenziale da scienze sociali francesi, che nulla ha scritto che valga la pena leggere, neanche in metropolitana. Nancy, l’indicibilmente profondo Nancy, parodia involontaria di ogni démarche filosofica possibile. Jon Elster, anglo-norvegio-collège-de-france, ancora divertente anni fa quando si affannava sui paradossi del giudizio salomonico, ma ora confuso chiosatore del désinteressement in un marasma concettuale  navrant. Il Carlo Galli, recentemente arruolato nel caravanserraglio chierico di La Repubblica, audace simmetrico del caravanserraglio di Palazzo Grazioli: ovvero, de la servitude volontaire. E poi ancora i più soliti tra i soliti: i Rodotà, i Savater, i Sennett  di questo mondo. A proposito di Sennett, vogliamo mettere on line la recensione del Times Literary Supplement al The Craftsman? Perché nessuno in Italia fa recensioni così?

Non a caso le cose più interessanti del festival sono tutto ciò che non è  “lezione magistrale”. E il miglior commento globale all’allegra brigata è il sabato sera alle 22, intitolato La comunità dei morti viventi, del filosofo-sociologo Romero: la notte dei morti viventi, zombie, il giorno degli zombie. Ovvero la koiné dei chierici morti-vivi in azione cannibalica.

Ripeto: Michelina Borsari è brava. Ma allora perché questa nomenklatura chierica stanca, vecchia e modaiola? Possibile che in questo paese e nelle sue vicinanze non sia possibile trovare qualcuno al di sotto dei 50 anni con cose interessanti da dire? Oppure la Borsari pensa che solo quel tipo di cognomi lì possa attrarre un pubblico significativo a un evento di filosofia e di scienze sociali?

E, più sommessamente: dov’è l’analisi empirica in questo festival? Non ha niente da dire sulla comunità e dintorni alla riflessione filosofica? Girano sociologi, psicologi e simili, ma perché non fanno il loro lavoro di indagatori empirici della realtà, e si sentono in dovere di fare i quasi filosofi? Tanto festivalfilosofia, e dietro, sornione, sempre Croce. Peggio di così…

 

Intanto leggiamo per sopravvivere  ai chierici  

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