L’impossibilità di dimenticare generata dal Web e dagli archivi elettronici non riguarda solo le vite personali. Alle nostre identità è concesso sempre meno il sollievo dell’oblio e della palingenesi verso un altro sé o un altro nome. Lo stesso però vale per altre attività umane, ad es. l’attività scientifica e la scrittura.
È Serena Danna a porci il problema con un bell’articolo nell’inserto La Lettura del Corriere della sera del 22 gennaio (http://lettura.corriere.it/sappiamo-tutto-capiamo-poco/). Il punto di partenza è un saggio piuttosto superficiale di David Weinberger, tipico prodotto di filosofia-spettacolo, che per fortuna la Danna usa solo come pretesto.
Come si può ancora pensare, o scrivere, o asserire qualcosa quando si è immersi nel flusso dell’overload informativo?(continua)