Rivista "Acéphale"

Tra il 1936 e il 1939, Georges Bataille pubblica i 4 fascicoli – tre compiuti, uno abozzato – di Acéphale, Il punto di partenza e leitmotiv è un disegno di André Masson: l’Uomo vitruviano di Leonardo, ma senza testa, con un teschio al posto degli organi genitali, le viscere come cervello corporeo, una spada per aprire il petto e un cuore appena estratto che sprizza sangue/fiamma.

Lo stenogramma iconico di Masson contiene molto di quello che Acéphale vuole esprimere: il rifiuto del cerebrale e dell’alto, il ventre come vero e unico organo pensante, il sacrificio umano come liberazione e produzione di energia, la terra come ancoraggio ctonico, il corpo come forma e figura della potenza, il rapporto cogente tra potere, sacro e violenza.

Come filo rosso il Marcel Mauss del fatto sociale totale, del dono e del sacrificio, e soprattutto Nietzsche, letto e riletto in doppia polemica con l’illuminismo piatto del Front Populaire e del socialismo alla Léon Blum, e con la rapina nazista del pensiero del filosofo tedesco. Sullo sfondo il bersaglio vero, lo scadimento ‘rivoluzionario’ del secondo Breton e del surrealismo al servizio della poltica.

Acéphale fu anche altro: la misteriosa società segreta dei congiurati, con i loro presunti riti luciferini o dionisiaci nella foresta di Saint-Nom-la-Bretèche, sui quali tanto inutilmente si è scritto. Piccolo grumo di utopia nella distopia che Bataille e i suoi compagni sentivano crescere intorno a sé.

Appunto, i compagni: Pierre Klossowski, il filosofo Jean Wahl (da leggere subito il suo scritto su Nietzsche e la morte di Dio), Roger Caillois, Jules Monnerot (il cui successivo percorso labirintico meriterebbe uno studio serio), André Masson, la inquietante e tragica “Laure” (Colette Peignot, unica donna del gruppo). Ma Acéphale è in primo luogo l’espressione di Georges Bataille, che ne struttura gli indici e scrive la maggior parte dei testi,

Una sintesi? Acéphale come un vertice, rappresentazione e tableau vivant di quella Dialettica dell’Illuminismo sulla quale Adorno e Horkheimer scrissero pagine tanto potenti quanto prive di viscere. Le viscere che Acéphale volle mantenere al centro di una scena troppo illuminata.