Via Orti d’Alibert, a Roma, pochi metri da Regina Coeli. Il vecchio Filmstudio, ma ora si chiama SCENA, e dentro è proprio diverso. Evento-cinema FUORINORMA, l’associazione di Adriano Aprà, da anni in lotta appassionata per un cinema ‘altro’.
Qui, tra la fine degli anni 60 e gli anni 70, il mio personale incontro con cose che solo in questo luogo a Roma si vedevano. Stan Brakhage e l’avanguardia sperimentale nord americana. I fratelli Mekas. Cassavetes. Markopoulos. Godard. Solanas e Getino. Glauber Rocha. Alain Resnais. Miklos Jancso. Joseph Losey. Il Rossellini televisivo. I primi Antonioni. Tutto quello che girava sulla bellissima prima serie di Ombre Rosse (l’abbiamo riprodotta qui).
Ci sono tornato per la prima volta da allora domenica sera, il 5 dicembre, per FUORINORMA e per nostalgia. Pioggia, tutto chiuso intorno. La presenza del carcere.
Un tempo gli psicoanalisti mangiavano il mondo. Ora leggono i Bollettini di psicoanalisi.
Dispiace dire questo partendo da una delle poche cose interessanti di matrice psicoanalitica che ho letto ultimamente. Per l’appunto un Bollettino della European Psychoanalytical Federation, il n. 67 di Psychoanalysis in Europe. Sono gli atti di un convegno della EPF a Basilea, 21-24 marzo 2013.
Il tema è bellissimo: Formlessness: Deformation, Transformation. La perdita della forma come campo, precondizione, strumento, procedura delle deformazioni che consentono le trasformazioni. Meglio: delle deformazioni che precedono le trasformazioni, continuano a sabotarle dall’interno come fessure costanti di perdita di forma, e diventano lo stadio successivo e sempre transitorio della trasformazione che insiste a deformarsi e introduce nuove trasformazioni possibili.