Partiamo dal racconto dell’antropologo Pierre Déléage, La folie arctique, Bruxelles, Zones sensibles, 2017.
Émile Petitot, francese, Oblata di Maria Immacolata, parte come missionario in Canada nel 1862. La sua destinazione finale è la piccola missione cattolica di Nostra Signora della Buona Speranza, in terra Dene, annessa al Fort Good Hope, sul fiume MacKenzie, area del Great Bear Lake. Qui trascorre 12 anni. Frequenta ass duamente le tribù locali. Prova all’inizio una forte repulsione fisica. Presto è attratto sempre più intensamente. Le giovani lo corteggia- no con audacia insolente. Ma il missionario è sedotto dai ragazzi. Li spia da lontano, li segue nella foresta, si masturba di continuo in cerca di pace. Gli piacciono i loro corpi, e anche il loro modo di vivere, nomade su territori immensi e vergini, in apparenza senza confini, lo spazio giusto per il suo bisogno di perdere gabbie, vin- coli e limiti.
Si innamora di uno di loro, Dzanyu, che ribattezza Hyacinthe, poi di altri. Hanno rapporti. Si meraviglia dell’indifferenza generalizzata della tribù per l’erotismo tra persone dello stesso sesso. Per lui non è così. Sprofonda nella colpa. La sua struttura paranoidea trova il pretesto atteso. Si convince che tutti parlano di lui, ironizzano, raccontano dettagli, lo prendono in giro. Lo dice al suo vescovo, cerca di dedicare a dio le sue “amicizie particolari”. Non funziona. La paranoia diventa una comunità paranoica di nemici che vuole ucciderlo. Percepisce ovunque voci e segnali evidenti di questa cospirazione. Appoggiandosi sui lavori di un suo parente noto ‘alienista’, Prosper Despine, capovolge la paranoia sul suo oggetto: i Dene sono colpiti da « contagion morale », una patologia psichiatrica generalizzata, folie à plusieurs sempre pronta ad esplo- dere in episodi di hystérie arctique, la pibloktoq inuit.
Intanto il suo pensiero costruisce un altro percorso. Si interroga sull’origine etnica dei Dene. Coglie nei loro tratti somatici eviden- ze semitiche. Appoggiandosi su brandelli di frasi di altri esploratori, si convince che i Dene, forse unici tra le popolazioni del Grande Nord, sono Ebrei. L’ultima delle 12 Tribù d’Israele – la Tribù di Dan, una delle due non menzionate dall’Apocalisse – è diventata in qualche modo i Dene. Cerca le prove nelle norme sociali, nelle mitologie, nei riti e cerimonie, nel linguaggio. Ovviamente le trova. L’Antico Testamento, più di rado anche il Nuovo, hanno riscontri puntuali, a volte fino nei dettagli, con le narrazioni Dene, dai tabù alimentari fino al Diluvio Universale, dalle Creazione a Giona e la Balena, dalla cacciata dal Paradiso terrestre alla redenzione dell’umanità da parte del figlio di dio ecc.
Essere Ebrei deve star scritto nei corpi. Petitot insegue nei Dene la presenza della circoncisione e del suo rito. Cerca con gli occhi il pene dei maschi, traccia in altri esploratori osservazioni di conferma. Si convince facilmente. Ma il reperimento della Dodicesima Tribù d’Israele segnala l’arrivo della fine della Storia. La conquista delle anime dei Dene significa un trionfo escatologico. Per vincere la concorrenza sleale dei Protestanti, occorre allearsi con questi decisivi resti di Israele. Occorre rimanere cattolici e farsi ebrei/ Dene, ebrei erranti. Occorre circoncidersi. Glielo chiedono a mezza bocca i Dene (“ancora non sei dei nostri”), e glielo chiede la sua funzione messianica di gestore dell’Apocalisse.
Petitot implora i Dene e i suoi co-missionari di circonciderlo. Non lo fanno, e disperatamente cerca di farlo da solo a varie ri- prese con una pietra tagliente.
A pochi metri da Avenue Foch, il Musée Dapper è uno dei gioielli meno conosciuti della Parigi etnoartistica e etnoculturale. Piccolo, è costretto a evitare le ipertrofie e a selezionare con coraggio. Raccolto ed elegante, concentra l’attenzione e valorizza i propri contenuti. Molte attività, e almeno una mostra importante ogni anno. In realtà le mostre sono di solito due: una più ampia, ‘storica’ e accuratamente etnografica; l’altra , simultanea e nella prima saletta, dedicata a creazioni e artisti contemporanei.
Da non perdere le due mostre in corso ora. Nella sala grande, quasi 150 maschere e oggetti collegati ai riti di iniziazione nel bacino del Congo. Le forme simboliche e le cosmogonie possono variare, ma le logiche rituali del passaggio sono ancora e sempre quelle identificate nel 1909 da Van Gennep. Straordinario quello che si vede, in un equilibrio maturo tra precisione filologica e dimensione estetica. Non si raggiunge la ricchezza e potenza della Mostra sul Vaudou alla Fondation Cartier (la collezione Kerchache), ma l’impatto è emozionante. La maggior parte dei pezzi viene dal Musée Royal de l’Afrique Centrale di Tervuren (Belgio), chiuso fino al 2017 per lavori di ristrutturazione.
Nella saletta d’ingresso, le maschere di Romouald Hazoumè,
Tempi difficili per il pene. La sofferenza sociale e il dolore anomico dell’Io cercano nemici da combattere per acquietarsi. Pretesti per esportare l’ansia e tradurla in aggressività contro un potente qualcosa che ci vuole distruggere. E di mezzo ci va spesso proprio lui, il “fragile stelo di carne”, parola di Simone de Beauvoir nel Secondo sesso.
Un pretesto sempre a portata di mano è la malattia.
La più importante Associazione dei Pediatri Usa ha modificato nei giorni scorsi le sue linee-guida sulla circoncisione dei neonati. Secondo la APP i benefici derivanti dalla circoncisione sarebbero superiori ai rischi derivanti dal micro intervento chirurgico.
Alla circoncisione vengono attribuite molte virtù: meno probabilità di contrarre l’HIV, minore propensione alle infezioni urinarie, diminuizione del virus del papilloma (HPV) e dunque del cancro della cervice ecc ecc ecc.
Tuttavia la APP non consiglia la circoncisione generalizzata, e si limita a segnalare alle famiglie la valutazione di questa possibilità per il loro neonato.
Si tratta di un altro passo avanti a sostegno della campagna pro circoncisione avviata soprattutto nei paesi con elevata incidenza di AIDS (Africa centrale e sud orientale). Una serie di studi avrebbe dimostrato l’efficacia della circoncisione nel diminuire il contagio HIV.
In parte la validità di queste indagini è stata contestata. Altri critici hanno negato che studi derivati soprattutto dai dati relativi a adulti maschi africani possano essere estropolati in modo attendibile alla popolazione neonatale di contesti socio-economici, igienici e medici completamente diversi.
Per le commistioni tra potere e mutilazioni genitali in Africa, rimandiamo a https://www.ilcorpo.com/ilcorpo/news/?p=544. Sul potere salvifico della circoncisione rispetto al cancro della prostata, https://www.ilcorpo.com/ilcorpo/news/?p=737
Il 27 giugno scorso, il Tribunale di Colonia ha stabilito che la circoncisione di un minore per motivi religiosi è una lesione corporale a tutti gli effetti, e va vietata. “Il corpo di un bambino viene modificato in modo duraturo e irreversibile con la circoncisione”: una mutilazione ingiustificata razionalmente, inflitta a un soggetto indifeso dalla famiglia e dal gruppo di appartenenza.
La sentenza è ovvia, razionale, conforme alla difesa dei diritti di un soggetto debole, e in particolare del diritto alla integrità corporea. A nessuno dovrebbe esser concesso
Si ampliano le proprietà miracolose della circoncisione. Dopo l’AIDS, il Papilloma Virus e l’herpes un nuovo flagello potrebbe venir allontanato grazie al taglio del prepuzio: Jonathan L. Wright del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle avrebbe individuato una correlazione tra circoncisione e riduzione del rischio di sviluppare il cancro alla prostata.
Il ricercatore precisa però di aver individuato solo una connessione e non una causalità, e che non se la sentirebbe di consigliare una mutilazione genitale di massa.
La possibile correlazione tra circoncisione e minore probabilità di contagio HIV eterossessuale sta ponendo problemi nuovi a chi cerca di fermare l’epidemia. Le tecniche tradizionali sono lente, cruente, potenzialmente pericolose se effettuate in strutture sanitarie o parasanitarie inadeguate. Ocorrono nuove tecnologie adatte alla mutilazione genitale di massa.
Il terreno di sperimentazione urgente è l’Africa subahariana.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità appoggia senza riserve la circoncisione di massa dei maschi nell’Africa orientale e del Sud. Già da anni tre ricerche condotte con metodologie standardizzate in tre regioni diverse del continente africano sembrano aver dimostrato una notevole diminuzione della probabilità di contagio HIV eterosessuale per i maschi circoncisi. Le valutazioni più ottimistiche parlano di un crollo del 60%.
L’0biettivo è la circoncisione di oltre 20 milioni di maschi tra i 15 e i 49 anni entro il 2015