Tag: maschera

di IL CORPO –
– 4 Novembre 2025

IL CORPO ALLA PROVA DELLA SEMIOTICA. LA SEMIOTICA ALLA PROVA DEL CORPO. Sei incontri seminariali presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze della Formazione dell’Università di Torino. Dal 4 febbraio al 21 maggio 2026. Su testi, autori e temi di grande rilievo: l’efficacia simbolica in Lévi-Strauss (con Carlo Severi); il sintomo e il suo statuto semiotico in Barthes, Bauer e Sebeok; Il disagio in Fontanille; Judith Butler; Gianfranco Marrone; Claudio Paolucci (su Nati Cyborg).

Il titolo condensa la reciprocità inesauribile della sfida euristica tra corpo e semiotica.

Referente: Lexia, la rivista internazionale del Centro Interdisciplinare di Ricerca sulla Comunicazione (CIRCe), diretta da Ugo Volli, con Massimo Leone come coordinatore redazionale. Peer-reviewed (come si fa ad avere il coraggio di non esserlo?). Fertile e a volte ironico sarebbe il confronto con la serie precedente del 1993-1998.

Incontri in presenza e in streaming (via webex).  Programma e altri dettagli qui: https://lexia.to.it/seminari-di-semiotica-2/

di Enrico Pozzi –
– 16 Ottobre 2025

Retrospettiva alla Tate Modern, purtroppo terminata alla fine di agosto.

Leigh Bowery. Nato in Australia, poi a Londra dal 1980. Potente protagonista della Dark London, fino alla sua morte per AIDS nel dicembre 1994. Corpo totale. Non solo carne, e cose fatte alla carne, come tanti e poi tanti body artist. Ma carne, pelle, seconde terze e n-pelli, colori, vestiti (una parola ben povera per dire di questa ‘cose’ in cui prolungava la costruzione pubblica e privata della sua carne), acconciature, maschere, costumi, protesi, l’interno del corpo espulso fuori attraverso tutti i fori possibili. Senza i pallidi limiti di un genere. Uomo-donna-uomo. Bambino, adulto. Amante, partoriente, partorito, penetrato&penetrante, esibito&esibente. Diafano alla messa in scena illimitata di sé stesso. Fluido, malinconicamente e timidamente fluido nella sua condanna a dare scandalo. Epater le bourgeois come destino, ma con il bourgeois da épater che era poi sempre lui e solo lui. In questo senso, poteva sembrare un epigono degli Azionisti viennesi. Ma diversamente da loro sembrava non prendersi sul serio. Prevaleva non il tetro testimone immersivo della brutalità della realtà, ma il trickster divertito (forse) e divertente (forse), un clown della carne addobbata per la sorpresa altrui.

Performer, sempre più estremo e più solo sulla scena. Imprenditore. Instancabile creatore di apparati e dispositivi di sé stesso. Fashion designer. Inventore e animatore di club dalla vita intensamente breve ( il Taboo at Maximus). Musicante. Modello: reciproco e denso il suo rapporto con Lucian Freud, che lo rappresentò in alcuni dei suoi quadri più importanti. In ogni caso influente vedette, con spettatori stakeholder della moda e delle performing arts sia londinesi che globali: Alexander McQueen, Boy George, John Galliano, Nan Goldin, Michael Clark ecc. Copiato. Imitato senza successo.

Un esempio di ‘performance’: arriva sulla scena, enorme (era fisicamente imponente), conciato come una nota drag queen internazionale, grandi abiti gonfi. Un paio di minuti di cose consuete, poi si stende in posizione da partoriente. Dall’ampio abito emerge, come se venisse partorita, una donna piccola rattrappita sul suo corpo con le gambe piegate e la testa nascosta nel pube di Leigh (è la donna sua abituale partner di scena che poi sposerà poco prima di morire). Con lei fuoriscono sangue e stringhe di salsicce. Leigh taglia a morsi il ‘cordone ombelicale’ e prende in braccio il ‘neonato’. Salutano il pubblico ed escono di scena. Il tutto dura 6 minuti. Repellente e affascinante quanto basta.

Un Io-corpo arcaico e insieme post moderno, un agglomerato di eterogenei che sintetizza identità altrimenti tra loro incompatibili, un ossimoro di carne lontano dagli appagamenti rassicuranti della bellezza. Brutto, osceno, repulsivo, fuori norma, grottesco, alla rovescia. Bachtin redux, il Carnevale come luogo geometrico di sé stessi.

Jacques CALLOT (1592-1635), Les deux Pantalons

Leigh Bowery in posa ironica per Lucian FREUD

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Lucian FREUD, Leigh Bowery
Lucian FREUD, Leigh Bowery

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Leigh Bowery che si esibisce ballando. Un filmato di 38”.

di Mirko Lino –
– 2 Luglio 2024

Zombie Boy Skin

Il video promozionale del fondotinta Dermablend della Vichy si apre con il modello canadese Rick Genest1 che mostra alla telecamera il proprio petto nudo. Mantenendo lo sguardo fisso in macchina il modello applica una crema su un dischetto struccante e inizia a strofinare con decisione la propria pelle all’altezza dello sterno; l’incarnato viene cancellato lasciando intravedere al suo posto uno strano colorito grigiastro. Poco dopo, guardando sempre in macchina, Genest prende un piccolo asciugamano, applica nuovamente la crema e massaggia il proprio viso. Tolto l’asciugamano, il suo volto appare trasformato in quello di un te- schio, con gli occhi scavati, il cranio aperto, i due emisferi cerebrali ben in evidenza, la mandibola scarnificata che disegna un lungo ghigno magnetico quanto inquietante. Da questo momento in poi, il video mostra in fast motion il processo di make-up a cui è stato sottoposto il modello. Una equipe di truccatori applica copiosamente il Dermablend sul corpo di Genest; ma le immagini accelerate e montate all’inverso restituiscono piuttosto una suggestiva spoliazione epidermica: la pelle rosea viene scorticata lasciando emergere un’altra pelle totalmente tatuata raffigurante le sembianze di uno zombie. I dettagli anatomici di ossa, mem- bra, vene, arterie, intervallate da simboli (il “biohazard” nello sterno) e parole (“zombie” nel bicipite sinistro), lasciano affiorare l’effigie di un cadavere ossuto con la pelle a brandelli in più parti. Basta conoscere il reale aspetto di Genest (fig. 1) per comprendere il gioco illusionista a cui punta il video e comprendere il senso ironico del claim “Dermablend può cambiarti la vita” che appare in chiusura. Infatti, per via dei tatuaggi cadaverici che gli coprivano interamente il corpo, Genest era conosciuto nel mondo dello spettacolo e della moda con il soprannome “Zombie Boy”.

Quello che il video del Dermablend mostra in apertura – il petto nudo e uniformemente roseo di Genest – appare allora il risultato finale di una lunga a pervasiva applicazione cosmetica, la cui efficacia normalizza temporaneamente l’aspetto di “Zombie Boy”. La pubblicità insiste molto sulla spettacolarità del suo tatuaggio, esibendolo attraverso uno smascheramento ambiguo, il cui risultato è la rivelazione finale delle corrispondenza tra la pelle cadaverica e la pella “autentica”. L’oscillazione tra l’umano e lo zombie mostrato nel video illustra la capacità della pelle di divenire una superficie di proiezione   

di Enrico Pozzi –
– 2 Dicembre 2015

La cosa più bella è la camminata lungo la High Line, la vecchia linea ferroviaria merci nel West Side di Manhattan ora recuperata come parco pubblico.

Alla fine il nuovo Whitney, ideato da Renzo Piano. Mi aspetto almeno l’ombra del Beaubourg, e trovo una nave/scatolone grigia e senza vita, banale fuori e dentro.

di Enrico Pozzi –
– 25 Ottobre 2015

Il 20 ottobre 1854, 161 anni fa, nasceva a Charleville Arthur Rimbaud, il più grande poeta dell’età contemporanea. Leggerlo è stata ed è un’esperienza fondamentale della mia vita.

Le parole su di lui sono tutte consumate: il Voyant, il «poète maudit», l’addio definitivo alla poesia a 20 anni, i mille mestieri in giro per il mondo, il mercante d’armi e d’altro in Africa, la morte a 35 anni ecc ecc: tutto il falpalà eroico-negativo che rassicura i filistei. Allora meglio il diciottenne in fuga a Londra con Paul Verlaine (che per lui lascia la moglie). Sopravvivono rifugiati nelle case degli esuli della Comune di Parigi, si amano, si odiano, si feriscono a rivoltellate: una «Saison en enfer». Ironicamente, dimentichiamo i battelli ebbri, le vocali e le illuminazioni. Dedichiamoci all’Album Zutique, agli Stupra, al Sonnet du Trou du Cul: roba seria, parola antiestetica che viene dal profondo del corpo, e dunque iperestetica.

Il più intenso monumento a Rimbaud lo ha costruito David Wojnarowicz, un prostituto attivo per qualche anno a Times Square,

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