I neuroni specchio, Laila Craighero, e Marlon Brando: sinapsi d’amore

Palesemente Laila Craighero pensa che i neuroni a specchio sono una bufala – siamo più carinelli: una ipotesi di poverissima ma modaiola fecondità euristica. Però per motivi a noi ignoti deve crederci: la carriera? Allora ecco Marlon Brando, alias Actor’s Studio, alias Stanislavskij Constantin.

Secondo la Craighero Stanislavski riteneva che per suscitare nello spettatore le emozioni volute, l’attore dovesse viverle egli stesso sulla scena, ritrovandole nella propria “memoria emotiva“. “L’interprete non deve essere finto né falso. Per essere credibile ed evocare automaticamente [sic!] nello spettatore l’emozione desiderata, egli deve rivivere i sentimenti del personaggio attraverso i propri“. Insomma l’attore è il suo personaggio, e in questo modo i neuroni specchio dello spettatore possono funzionare, dimostrando a se stessi e a Laila Craighero  che essi effettivamente esistono. Seguono esempi del tipo: Dustin Hoffman non ha dormito per diversi giorni “così da essere molto stanco per le scene de Il maratoneta” e altri ancora dello stesso genere.

Cose così stupide Stanislavkij non le ha mai scritte. Confondere il modello mistico del rituale teatrale con la verifica ex post ante dei neuroni specchio è neuro-ignoranza. Ma vogliamo proporre alla Craighero Laila un problema. Dimentichi per un attimo Marlon Brando, e trovi mezzora per leggere Paradoxe sur le comedien di Diderot.  Costui, ignaro di neuroni specchio, propone una tesi di chiara origine neuro-eretica: moins on sent, plus on fait sentir. Il grande attore è colui che esprime sulla scena emozioni che NON prova. Lo hanno scritto anche  molti degli attori (pochi) che hanno raccontato davvero il loro lavoro (perché recitare non è una possessione, è un lavoro, ovvero l’organizzazione razionale di mezzi verso un fine).

Ma se l’attore fa provare al pubblico emozioni che non prova, che ne è dei neuroni specchio? E’ una ipotesi che serve a qualcosa? Cosa rispecchiano i neuroni degli spettatori se l’attore sta mentendo? Non è più semplice ed euristicamente fertile pensare che lo spettatore e l’attore condividono un codice emozionale convenzionale  nel campo definito da quella interazione specifica? E dunque ci sono non rispecchiamenti ma riconoscimenti presunti e interpretazioni abduttive? E ancora: come intervengono in tutto questo sullo spettatore il fascino, la potenza erotica di Marlon Brando/Stanislavskij, il desiderio? Il presunto rispecchiamento è forse solo figura del coito (delle sinapsi, ovviamente), metafora frusta e pseudocorporea della identificazione.

Un’ultima osservazione, pro domo mea. Come la mettiamo con ciò che avviene in quel laboratorio dell’interazione umana che è una seduta psicoanalitica? Probabilmente n0n interessa neanche un po’ alle Laile Craighero di questo mondo. ma pongo lo stesso il problema: come funziona il modello conoscitivo dei neuroni specchio se l’altro è uno schermo bianco? e ancora: come è possibile il neuro-rispecchiamento di me stesso, ovvero l’intuizione (innovativa) di aspetti del proprio Sé?

PS Per Nòva, Luca de Biase e Giulia Crivelli: d’accordo nell’inseguire con determinazione le cose che sembrano nuove, ma perché non farlo in modo critico? soprattutto quando si ha a che fare con phantasmata scientifici …

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