Morire di trasparenza

L’11 settembre è stato concausa, alibi e punto di partenza di una schedatura universale degli abitanti del pianeta, con gli aeroporti come laboratorio tecnologico, politico e sociale di un assalto illimitato ai confini degli individui.

Dopo è venuto tutto il resto, il tracciamento integrale delle nostre vite, la trasparenza totale al potere e ai poteri, le gigantesche macchine private e statali.

Il controllo sociale totale come ‘modernità’ trionfante e gloriosa.

E noi complici attivi, entusiasti: servi volontari.

Quando ricordo a lezione l’assioma del liberalismo politico – lo stato e i poteri trasparenti al cittadino, il cittadino opaco allo stato e ai poteri – mi guardano strano. Ma che sta dicendo? che vuol dire? di che parla? 

Spero che qualcuno stia scrivendo un elogio del segreto, della menzogna, del sotterfugio, della duplicità, del portare una o tante maschere, della comunicazione cifrata, del non lasciare tracce, del falsificare, del confondere gli sguardi del potere.

Intanto qui metto la bella installazione che Yoko Ono ha fatto al Louisiana Museum, a nord di Copenhagen: entrare in un labirinto di vetrata trasparenza dove tutto è visibile a tutto, e perdersi nel panico psichico. Titolo: AMAZE. 

A-MAZE….. THE MAZE…. il carcere ad altissima sicurezza dell’Irlanda del Nord dove vennero rinchiusi i prigionieri politici dell’IRA, e 10 vi morirono nello sciopero della fame. Fame nel Panopticon, come strategia disperata per essere individui. Il bel film di Steve MacQueen, HUNGER. (enrico pozzi)

YOKO ONO, Amaze, Louisiana Museum (Danimarca)

 

STEVE McQUEEN, Hunger, 2008. La morte per fame di Bobby Sands nel MAZE

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