Tag: metodo paranoico critico

di IL CORPO –
– 25 Settembre 2025

La paranoia come modalità euristica, il discorso paranoico come struttura delle ideologie e la folie à plusieurs come dimensione costitutiva del sociale.

Di questo si parlerà in un incontro organizzato dalla rivista IL CORPO al Castello di Rocca Sinibalda il 26-28 settembre.

Incontro ristretto e ‘ibrido’ costruito sulla contaminazione tra approcci diversi praticata da partecipanti portatori ciascuno di approcci e modelli euristici a loro volta ‘ibridi’.

Su invito.

Qualche info sui contenuti dell’incontro: https://www.ilcorpo.com/diario-paranoico/un-appunto-di-lavoro-per-alcuni-workshop-residenziali-sul-discorso-paranoico/

di Enrico Pozzi –
– 14 Settembre 2025

The Hollywood Report del 10 giugno 1959. Un trafiletto con un errore: Psyche al posto di Psycho per annunciare il prossimo film di Alfred Hitchcock. Guido Vitiello decide di trattare il refuso come un lapsus. Una scelta insensata e un eroismo euristico.

Di lì parte una catena associativa che non trova confini (come per ogni autentica catena associativa). Di dettaglio in dettaglio, senza neanche il pudore dell’abduzione, Vitiello si disperde a tentoni nel Bates Motel, nella tessitura oniroide di un film-pretesto e nella fantasmagoria latente di Hitchcock. Stiamo rigorosamente sui margini del testo filmico. Un quadretto su una parete. Qualche uccello impagliato. Amore e Psiche giacenti di Canova. Susanna e i vecchioni. Una statuetta di Eros. Ecc. Tutto irrilevante, dunque essenziale. Psycho come un frattale costruito con la mise en abîme di tre linee di fuga mitiche: appunto Amore e Psiche, poi Orfeo ed Euridice, poi ancora Demetra e Persefone. Su questo poggia il Bates Motel, incauto punto di passaggio tra il sopra e il sotto, luogo geometrico di reciprocità tra gli Inferi e i Cieli là su in alto alla collina. La Casa protesi del Motel come possibile Mundus patet, con l’erotismo come vettore che trasporta i vivi tra i morti, e viceversa.

A questa complessità Vitiello arriva coniugando due procedure insolite tra chi dice di occuparsi di immaginario. La prima è il metodo paranoico-critico, la proposta geniale di Salvador Dalí partendo dall’Angelus di Millet: la ‘preghiera’ devota della coppia al tramonto come scena di un crimine, il bambino morto e sepolto, la mantide omidìcida. Dalì non interpreta. Associa, sogna, e ‘vede’, perché la paranoia vede. La seconda è il metodo indiziario: la ‘verità’ è nella traccia, nel quasi-irrilevante ai margini della scena o dell’evento. “Dio è nel dettaglio”, di Flaubert, ma senza dio, alla Morelli, o Bertillon, o Sherlock Holmes, o Freud, o Warburg e l’illogicità classificatoria della sua Biblioteca.

Il punto d’incontro tra paranoia e dettaglio ce lo ha dato Pierce, nel suo racconto di come ‘seppe’ chi gli aveva rubato il prezioso strumento Tiffany affidatogli dal Governo USA. Indovinando con un inspiegabile e irriducibile cortocircuito cognitivo ed emotivo insieme, che poi volle raccontare come abduzione. Ovvero quello che fa ciascuno di noi appena vive qualcosa densamente. O che fa lo psicoanalista quando (così di rado, così pochi) sogna con il suo paziente in seduta.

Vitiello ha sognato con metodo il suo Bates Motel. La sua paranoia ci restituisce non una qualche verità più vera sul film Psycho o su Hitchcock o sull’erotismo tra Inferi e Cielo. Ma solo una narrazione possibile – la sua – vera se e in quanto risuona non solo in lui ma anche in noi come suo/nostro treno associativo.

Purtroppo la carne (euristica) è debole, e bisogna dimostrare di aver letto tutti i libri. Dalí non riesce a fidarsi del suo delirio paranoico-critico e cerca affaticate verifiche: per es. l’esame ai raggi X del quadro di Millet che confermerebbe la presenza effettiva di una tomba nascosta ai piedi della coppia. Vitiello avvolge le sue intuizioni deliranti nel falpalà di innumerevoli citazioni colte, e vi appende una bibliografia imponente. Non gli faremo l’offesa di credere che abbia letto tutte quelle robe. Oppure che tutte le sue citazioni siano autentiche e non ecolalie sapienti, ‘allucinazioni’ per dirla con il gergo AI. Le preferiamo come allucinazioni. Anche perché ci dà un indizio certo: NON cita proprio ciò che non poteva non citare. Lo Ur-scritto di Dalí (1936-1963). Spie di Carlo Ginzburg. Peirce che racconta Peirce detective. E Warburg e Morelli e l’essenziale Pierre Bayard, Comment parler des livres que l’on n’a pas lus ? (2007), di cui naturalmente va letto solo il titolo.

Detto questo, per quanto mi riguarda, uno dei pochissimi libri italiani di cinema che vale la pena di leggere. Con attenzione fluttuante. Associando.

Ciò malgrado, Vitiello insegna cose di cinema alla Sapienza (Roma).

Scritto nel 1936, ma pubblicato da J.J. Pauvert a Parigi nel 1963
Le due Mantidi

 

di Enrico Pozzi –
– 27 Ottobre 2020

A proposito di Adolfo TURA, Breve storia delle macchie sui muri. Veggenza e anti-veggenza in Jean Dubuffet e altro Novecento, Monza, Johann & Levi, 2020

Le macchie sul muro sono figlie del caso. Non si fanno ‘apposta’ macchie sul muro. Non sono opere,  non hanno autore. O meglio, hanno autori involontari, qualche volta umani, spesso molteplici, altre volte processi naturali, fenomeni senza padrone, incidenti di varia natura. Sono residui di cose avvenute chissà quando, imperfezioni, sovrapposizioni casuali, reperti caotici di progetti incompiuti, rovine. Il vento, il sole, la pioggia, chi pulisce, chi passa, ognuno lascia la sua traccia e costruisce e modifica la macchia. Per finire, le macchie sul muro sono macchie, l’imperfetto, lo sporco, l’impuro, l’ibrido.

Nella sua breve Vita di Piero di Cosimo, Vasari lo descrive un essere di confine, “uomo più tosto bestiale che umano”, cultore del caos come prodotto informe della “natura”:  “Non voleva che le stanze si spazzassino, voleva mangiare all’ora che la fame veniva,

di Enrico Pozzi –
– 5 Aprile 2016

Joan Snyder è una pittrice newyorchese affermata, e largamente sopravvalutata. I suoi «stroke paintings» degli inizi degli anni 70 furono considerati una innovazione potente, la rivisitazione decostruzionista della pittura astratta. A me sono sempre sembrati sì e no  ‘carini’. Recitanti, rassicuranti, adatti ai salotti di una borghesia ‘illuminata’ in cerca di qualche prudente brivido (estetico).

Il Metropolitan ha acquisito il cubo di cemento del vecchio Whitney ideato da Breuer sulla Madison Avenue e l’ha trasformato nel sua sezione di arte contemporanea. Giro per il 4° piano, la mostra Unfinished, e capito su Heart On. Non riesco a staccarmi. Tanto cerebralismo curatoriale nelle sale precedenti, e ora questa ‘cosa’ che sa di pancia, di corpo,

di Enrico Pozzi –
– 4 Ottobre 2013

Sequential waves of stickers bearing a Jim Jones’s photo have been flooding many squares and streets in downtown Rome.

Reverend Jim Jones was the founder, and the terminal angel of death, of the People’s Temple, a Californian sect-church which committed suicide with a cyanide-laced soft drink on November 18, 1978. The ritual of self-destruction took place in a rural community the Temple had created in the heart of the jungle of Guyana, and had aptly named Jonestown: 908 dead, including at least 200 children, plus a few others slain and suicidal at the church site in Georgetown.

di Enrico Pozzi –
– 19 Settembre 2013

A ondate successive, sono apparsi nelle piazze e strade romane gli sticker con una foto classica di Jim Jones.

Il Reverendo Jim Jones era stato il fondatore, e poi l’angelo della morte, del People’s Temple, un setta-chiesa californiana suicidatasi con il cianuro il 18 novembre 1978 a Jonestown, la comune creata nel cuore della giungla della Guyana: 908 morti, di cui almeno 200 bambini, più qualche altro sgozzato e suicida nella sede del Tempio a Georgetown.

di Enrico Pozzi –
– 20 Aprile 2013

Simone CASETTA, Fanno finta di non esserci, 5 Continents Editions, Milano 2011

Nel Museo il corpo può esistere solo come Cadavere che cerca di farsi vivo.
L’ho pensato spesso in giro per musei. Me lo ricorda ora un libro che ho ricevuto per presentarlo.
La storia che sta dietro questo libro è banale, almeno per la sua prima parte. Tra il 1941 e il 1945, Eugenio Morelli, allora direttore dell’Ospedale Forlanini di Roma, crea un Museo di anatomia nomale e patologica. Per la gestione tecnica dei reperti chiede aiuto ad un esperto tedesco, Rudolf Grützner, che li musealizza abilmente1.
60 anni dopo il fotografo Simone Casetta pubblica un volume di immagini fotografiche che ha scattato nel Museo. Il titolo è potente: Fanno finta di non esserci (5 Continents Editions, Milano 2011).

Ho il volume davanti. Come lo affronto? Le scienze sociali mi offrono perfezionati bricolage di messa a distanza. Le scienze naturali in questo caso non servono. Faccio lo psicoanalista. Riesco sempre meno a pensare senza associare, devo associare per avvicinarmi a ‘pensare’. Mi serve un metodo-ponte tra discorso logico e matrici inconsce: la paranoia come grimaldello euristico, forma logica costituita da fantasmi, Dalì, il metodo paranoico critico

di Enrico Pozzi –
– 2 Marzo 2013

New York, 4 dicembre 2011- 3 dicembre 2012, Chelsea

 In fondo alla 22a lo Chelsea Art Museum. Anni fa una mostra di Cristòbal Gabarron, The Body Image. Valeva poco, ma nel negozio all’ingresso vendevano cose insolite, tipo un manualetto ciclostilato per sopravvivere in carcere: come farsi un coltello con un cucchiaio, come evitare gli stupri. Oppure cataloghi e libri che non aveva nessuno.

Ci torniamo. Sono le 5 del pomeriggio. Odore di hamburger e  patatine. Un tizio – un custode? – mangia seduto tra i volumi. Alla cassa sta una ragazza – 25 anni? acne: indifferente, parla al cellulare. Il museo è deserto. Mostra di un tale che non so chi sia – Sam Goodman, Reality and Abstraction. Paintings 1945-1959. Le immagini su un opuscoletto vanno passar la voglia di saperne di più.

Giriamo nello shop. Robe insolite in lingue insolite per un museo d New York: cinese, coreano, tedesco. Sullo scaffale in svendita, un volumetto in tedesco, NO!ART, di tali Boris Lurie e Seymour Krim.

di Enrico Pozzi –
– 16 Luglio 2012

5 febbraio 2009. Paranoia ipocondriaca e potere politico. Obama, il vaccino e l’autismo

5 aprile 2009. Il corpo di Obama (1). Il fallo del leader carismatico e Michelle incinta

10 aprile 2009. Paranoia, nemico e riti di fertilità. Michelle Obama e l’orto di guerra della Casa Bianca

21 maggio 2009. La pelle del Sovrano e la pelle del Nemico. Obama, le Hawaii e le foto censurate di Abu Ghraib

23 maggio 2009. La pelle del Sovrano e la pelle del Nemico (2). Dorso a dorso per Obama

4 luglio 2009. Obama signore delle mosche, ovvero Belzebu alla Casa Bianca

.21 marzo 2010. Obama e l’hamburger. Ovvero i dilemmi alimentari del corpo populista.

di Enrico Pozzi –
– 22 Febbraio 2012

 Il 1 febbraio scorso, sul Corriere della sera, Giovanni Bianconi pubblica un articolo su un tal M. B., ex BR ora professore associato, che ha chiesto per vie legali all’archivio Flamini di rendere inaccessibile on line il riferimento al suo passato in nome del diritto all’oblio ( http://bit.ly/w2bnow ). 

Mi chiedo il perché di quelle iniziali, cerco un attimo e trovo tutto quello che mi serve sulla vicenda di Marcello Basili, dell’università di Siena. Scrivo un breve post su quella richiesta, e sul problema del rapporto tra diritto all’oblio, storia, memoria sociale e archivi.

Il 3 febbraio un tal Curiosamente curioso mi chiede nel commento. ” Ma a te il nome chi te lo ha dato?“.

Sono sorpreso da questa frase sibillina.

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