Tabloid, inconscio sociale e verità della notizia. Perché a noemi-papi e alle orge di Villa Certosa ci credono quasi tutti?

Le conversazioni sociali hanno pochi dubbi. Noemi e Papi hanno fatto cose. A Villa Certosa ci sono state le orge. Berlusconi si rimedia le giovanette e ha l’harem. Ecc.

La cosa strana è che ci credono anche quelli che dichiarano di non crederci. Dicono: non c’è nessuna prova, le foto dei tanga cellulitici di Villa Certosa sono roba da suore orsoline rispetto alle spiagge nazional-popolari di Rimini o  Coccia di morto. Però poi gli scappa la battuta su papi e noemi, o la strizzata d’occhio sugli eserciti di disponibili veline sbarcate dagli elicotteri Mediaset, o le risatine del tipo: beh, Gheddafi ha le 50 amazzoni, figurati il Berlusca… Cioè, nel profondo partecipano alla narrazione corale e ci credono.

Perché? E perché il tabloid dice sempre il vero, anche se non ci si crede?    

Il colpo di genio del nostro tabloid nazionale ( La Repubblica, per essere chiari) sta nell’aver prodotto una narrazione plausibile in quanto è ancorata all’inconscio sociale, e dunque in ogni caso emotivamente vera.

E’ ovvio che nelle loro ville protette, nei loro castelli e palazzi, nelle loro isole, nei loro sotterranei e conventi, i ricchi e i potenti di ogni genere conducano vita dissoluta all’insegna del godimento e del sesso perverso. Da Svetonio a Sade, da Boccaccio a Histoire d’O, dal craxiano ultimo piano del Raphael alla piscina del kennediano Camelot, dal castello di Gilles de Rais alla fortezza della Contessa Erzsebet Bathory, e così all’infinito,  è sempre la stessa storia narrata: ricchezza è potere, e il potere verifica se stesso in ultima istanza come potere sui corpi in vista di forme di piacere.

E’ ovvio che i ricchi e potenti abbiano sempre bisogno di Potenza per sostenere il loro potere, e che siano angosciati dalla vecchiaia e dalla morte come segno della ineluttabile impotenza, intesa come perdita di potenza e di potere. E perciò è ovvio che essi si nutrano rapacemente di vitalità là dove essa si concentra: nei corpi giovani e belli. Da sempre i Sovrani si alimentano del sangue di giovinette e giovinetti. Nella Parigi pre-rivoluzionaria si diffondono le voci sui rapimenti di ragazzi e ragazze per curare in un bagno del loro sangue un membro della famiglia reale – forse lo stesso re – colpito dalla lebbra: voci così intense e ‘vere’ da scatenare sommosse (vedi il bel saggio di Cristiano Grottanelli, http://www.ilcorporivista.it/index.php?module=subjects&func=viewpage&pageid=29). La Bathory non rastrellava forse vergini per corroborarsi in una vasca piena del loro sangue?  E cosa fà il Barbablù di Perrault, alias un Gilles de Rais eterosessuale? E il Presidente Mao anziano non chiedeva forse ogni giorno una contadina giovanissima e vergine? Così i più dissoluti imperatori romani, i sovrani ottomani nelle segrete stanze del Topkapi, i laidi eroi sadiani-pasoliniani delle 120 giornate, i capitalisti dei pamphlet popolari socialisti, i borghesi pescecani di Grosz,  Gengis Khan, i satrapi orientali, i satrapucci nostrani, in un elenco che è semplicemente l’elenco dei potenti nella storia del mondo. Le mort saisit le vif, ciò che è (quasi) morto si impadronisce di ciò che è intensamente vivo. Questo il patto faustiano corporeo cui quasi nessun potente mortale sfugge nel’immaginario sociale.

E è ovvio il risentimento dei non potenti e non ricchi esclusi dall’orgia immaginaria, e dei giovani sconfitti dai vecchi ricchi nella competizione sessuale per altri corpi giovani. Dietro ogni Suzanna vergine o demi-vierge ci sono sempre due vecchioni in agguato, e qualche poveraccio escluso, carico di nobile indignazione per i valori morali compromessi. O qualche altro escluso che prepara lo charivari come vendetta beffarda.

 

Le mort (riche) saisit le vif. Rembrandt, Susanna al bagno, 1647

 

Lo strumento del patto faustiano contro la morte. P. P. Rubens, Susanna e il vecchio, 1607

 

Come tutti i tabloid, il nostro tabloid nazionale è in contatto semiragionato con il suo pubblico di riferimento, e in contatto istintivo con l’inconscio sociale, trasversale rispetto alle barriere ideologiche e di sottocultura politica. La sua narrazione feuilleton ha potuto giocare su tutte le dimensioni del mitologema, e le ha amalgamate moltiplicandole in un racconto unitario: Noemi e le veline come la carne fresca e minorenne di cui si nutre il potere vecchio e sempre più impotente, lo spazio chiuso e nascosto luogo geometrico di tutti i piaceri possibili di pochi (Villa Certosa) e minacciato dalla luce (nera) della trasparenza, il giovane aitante sconfitto dal vecchio danaroso, il coro delle prefiche della Morale,  le Dieci Domande simmetriche al Decalogo, la Sovrana tradita garante della Norma, parte sana della Coppia regale, e ribelle contro il Sovrano quasi-Orco lascivo, i Prosseneti ecc. 

Il tabloid nazionale ha il suo pubblico, il popolo di Repubblica, ultima metamorfosi di quella che in tempi meno confusi si chiamava la piccola borghesia. Per questo suo pubblico, la narrazione del tabloid è stata la conferma di una illegittimità quasi ontologica e corporea del potere di Berlusconi, verificata dalle strategie anti impotenza del vecchio satiro indebolito: quel corpo che si deve nutrire di giovinette perché sta perdendo la Potenza (vedi il Milan…), come può pretendere al Potere?

Agli altri la narrazione del tabloid ha offerto i piaceri di un grande charivari nazionale. In molte società conosciute, il vecchio che sposa una giovane subisce un rituale di degradazione e dileggio collettivi – in particolare, ma non solo, dai giovani maschi del gruppo – che prende forme sempre beffarde, spesso umilianti e violente, in ogni caso abbastanza rumorose e vistose da investire l’intera comunità. Se riprendiamo la classificazione aristotelica delle forme del discorso, la storia di Noemi/Villa Certosa è stata presentata dal tabloid come un “discorso giudiziario” teso ad accertare cosa è effettivamente successo, la ‘verità’ in nome della trasparenza. In realtà, il tabloid, come tutti i tabloid ha costruito in forma “giudiziaria” un “discorso epidittico” teso in primo luogo a procurare piacere al pubblico, e non solo al ‘suo’ pubblico. Appunto il piacere di un grande charivari collettivo saldamente ancorato da un lato nei fantasmi dell’inconscio sociale intorno al Potere e alla sua Potenza, e dall’altro nel godimento di sbeffeggiare il potente ricco colto nella sua patetica battaglia contro l’invecchiamento e l’impotenza. 

Queste due componenti diverse ma intrecciate e sinergiche hanno costruito la ‘verità’ emotiva della narrazione di La Repubblica anche presso chi crede di averla respinta come falsa o strumentale ecc. Papi è entrato nelle nostre categorie spontanee e ci rimarrà, vero più del vero.

Wilhelm Reich avrebbe aggiunto: grazie alla miseria sessuale del popolo.  Vero, ma solo in parte vero. E poi, chi legge più Reich?

 

 

Per chi vuole capire meglio:

 

  

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